giovedì 5 aprile 2012

È che Lo/la disegnano così


Io non sono cattiva; è che mi disegnano così  (Jessica Rabbit)


Giovedì Santo. Pasqua è alle porte ed ecco gli auguri, fin troppo tradizionali, da parte di Papa Joseph Ratzinger.

Nulla di nuovo sotto il cielo: un gruppo di sacerdoti austriaci pubblica in questi giorni un appello alla disobbedienza, portando degli esempi concreti di come possa esprimersi questa “disobbedienza”, in particolare fanno riferimento alla possibilità di una riconsiderazione della questione “Ordinazione sacerdotale delle donne” e Papa Ratzinger durante l'omelia di oggi, risponde richiamando all'ordine e ribadendo che «come lo stesso beato Papa Giovanni Paolo II ha dichiarato in maniera irrevocabile, la Chiesa, al riguardo, non ha avuto alcuna autorizzazione da parte del Signore».

Con un pizzico di politicamente corretto concede, poi, ai suddetti sacerdoti disobbedienti il beneficio del dubbio: «Vogliamo credere agli autori di tale appello, quando affermano di essere mossi dalla sollecitudine per la Chiesa; di essere convinti che si debba affrontare la lentezza delle Istituzioni con mezzi drastici per aprire vie nuove, per riportare la Chiesa all'altezza dell'oggi».

Ma per il Pontefice le buone intenzioni non bastano a giustificare simili auspici.

Pertanto si chiede candidamente: «La disobbedienza è veramente una via? Si può percepire in questo qualcosa della conformazione a Cristo, che è il presupposto di un vero rinnovamento, o non piuttosto soltanto la spinta disperata a fare qualcosa, a trasformare la Chiesa secondo i nostri desideri e le nostre idee?».

E pensare che il desiderio, evidentemente temuto dalla Chiesa ancora oggi, è “nostalgia della stelle”, stando a quanto suggerisce l'etimologia della parola, “de-sidera”.
Nulla di più propedeutico alla religione se solo, anche qui, si interpella l'etimologia latina “Religo = unire, mettere insieme” (il cielo delle stelle e la terra degli uomini, possibilmente).

Mi pare di rivedere la mia maestra di catechismo - indimenticabile Signorina Ciccina - mentre si cimentava con le origini latine della parola religione e me, all'età di 8-9 anni, che intanto immaginavo una sorta di Dio-Raperonzolo che gettava giù la treccia perchè “desiderava” essere raggiunto.
Solo la forza del desiderio avrebbe reso possibile l'impresa per gli scalatori e le scalatrici.
Le trecce sono prive di comodi pioli, da che mondo è mondo.
Ma nulla è impossibile all'Amor che move il sole e le altre stelle.
Il desiderio rende possibile far strada verso le stelle.

O attrarle.

Forse a 8 anni volevo immaginare la religione, l'unica che conoscessi, quella cristiano-cattolica, come una questione di movimento, non di ripetizione di esercizi sul posto.
Forse mi piaceva poter pensare che fu per desiderio che qualcuno, che autorizzava perfino prostitute e poco di buono di ogni sorta a dargli del Tu, scese dalle stelle.
Vorrei poterlo fare ancora.
Vorrei che me la raccontassero così, non più con corde vocali usurate dalla ripetizione e parole “politicamente corrette”, ma con muscoli brucianti per lo sforzo del movimento e gambe pronte ad arrampicarsi anche su poco rassicuranti scale senza pioli, piuttosto che sugli specchi della dottrina. 

Già in un'intervista a Messori, nel 1984 Ratzinger diceva: «Non siamo autorizzati a a trasformare il Padre Nostro in una Madre Nostra: il simbolismo usato da Gesù è irreversibile».


Pare che si tratti dunque di una questione di rappresentatività, Gesù era maschio, ergo chi lo rappresenta deve essere maschio. 
Anche l'occhio vuole la sua parte, insomma. 
Pura questione di immagine, pura interpretazione letterale del volere divino.

Peccato che come scrive Michela Murgia, nel suo bellissimo saggio Ave Mary:
Il simbolismo usato da Gesù è irreversibile" è una frase che pretende di rendere vero il suo contenuto per il solo fatto di esser stata enunciata. Ma pretende appunto. Per smentirla basterebbe ricordare che Gesù, nell'ambito della stessa area simbolica della paternità divina, ha espressamente chiesto ai discepoli di non chiamare nessuno Padre sulla terra, «perché uno solo è il Padre vostro che sta nei cieli». Eppure nessun Papa si è mai preoccupato di non farsi chiamare Santo Padre. (…) Dio ha fatto l'uomo a sua immagine e somiglianza, ma l'uomo e la donna a immagine di cosa si sono raccontati Dio?  
Così, mentre Ratzinger attende (?) eventuali autorizzazioni da Nostro Signore barattando, perfino nella scelta delle parole e nelle auto-descrizioni, il ruolo pastorale con quello da Burocrate del Regno dei cieli, io voglio tenere a mente con Michela Murgia che oggi, più che mai:
ci serve l'ironia di Jessica Rabbit per ricordarci che il destino di tutte le immagini, comprese quelle di Dio, è di finire distorte. L'irreversibile Ratzingeriano sembrerà tale solo finché continueranno a disegnarlo così.
                         (Michela Murgia, Ave Mary, Einaudi p.139)











4 commenti:

  1. Neppure la morte è "irreversibile", considerando che il corpo morto si trasforma.
    Chi si avvinghia all'irreversibilità ha smarrito il senso dell'Anima Mundi, che non è né maschile né femminile, ma soffio che ci avvolge e ci pervade.
    Padre e Madre sono solo il primo passo, per noi "bambini". Poi cresciamo e diventiamo noi stessi il Padre e la Madre (in fondo anche Cristo fece così: da Padre si fece Figlio scegliendo una Sposa e Madre, ma rimanendo anche Spirito).
    E così un giorno di quell'intrico di parentele rimane soltanto un vento leggero, talmente che neppure ce ne accorgiamo.

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  2. Eh sì, il problema di Dio donna...La verità è che il problema non esiste se non per menti fredde e razionali come quella di Ratzinger, perchè noi sappiamo benissimo che siamo tutti uomo e donna insieme yin e yang indivisibili!!Dio e Dea convivono in noi.. E la chiesa non fa altro che alimentare l'ipocrisia da secoli ; Gesù mica aveva chiesto alle donne di farsi suore, no? eppure esistono e servono la Chiesa (e come se le servono..!!)Sono schiave, secondo me, sottopagate e sottomesse..Tempo fa lessi sul web qualcosacosa a proposito del confronto degli "stipendi " di suore e preti e naturalmente anche lì, per rispettare le statistiche sulla differenza di genere ed i lavoro, le donne sono stra-sotto pagate!!

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  3. Mah... la prospettiva del credere e della trascendenza la sento sempre più lontana, mi sembra sempre più proiezione (spesso disperata) dei NOSTRI de-siderata, e di queste considerazioni atee comunque non mi vanto. Certo è che questo rimanere ad un livello così 'terreno', legato al proprio tempo, al genere, alla tradizione, al timore del cambiamento, quasi Gesù fosse stato un fautore dello status quo (se sarebbe una forzatura vedere Gesù come un fautore della rivoluzione dell'agire, sicuramente è ancora più falsante vederlo come un reazionario del pensiero omologato) mi.. stacca ancor di più da una re-ligione che troppo spesso mi sembra volere che restiamo 'legati' alla terra, anzichè liberarci/librarci verso il cielo!...
    JAN Mariscalco

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  4. Quello che più ferisce del "no al sacerdozio femminile" sono le argomentazioni e le parole scelte.
    Feriscono le dicotomie sempre più sterili e pietrificate.
    Ferisce il ricorso alle interpretazioni letterali della bibbia "una tantum" (spesso quando è funzionale a mantenere l'ordine costituito..)
    Ferisce il ricorso all'elogio di quelle stesse "virtù femminili" che vengono poi utilizzate come àncore dell'immobilismo che contrappone la donna angelo del focolare (nelle due versioni: casalinga o missionaria/infermiera dedita alla cura) all'uomo Pastore/guida autorevole.
    Questa visione impoverisce i generi.
    Entrambi.
    Confina ciascuno nella parzialità.

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