martedì 29 gennaio 2013

One Bilion Rising, per conservare il cambiamento.


"La musica, come il sale, conserva meglio" 
 (E. De Luca, Il contrario di uno)



One Bilion rising - Il Flash mob fuori dalla Violenza:
  • è un invito a ballare
  • è protesta danzante
  • è una chiamata per ogni uomo e ogni donna che voglia rifiutarsi di partecipare allo status quo per mettere fine alla cultura dello stupro;
  • è un atto di solidarietà, dimostrando alle donne la comunanza delle loro lotte e il potere dei loro numeri;
  • è rifiuto di accettare la violenza contro le donne e le ragazze come un dato di fatto.     

E', sopratutto, desiderio di iniziare il cambiamento e conservarne la miccia.

Partecipa all'evento - Pagina Fb

Ecco il video ufficiale della canzone su cui si ballerà:
Break the chain - canzone ufficiale dell'evento

Michela Murgia scrive sul suo blog:
 "La canzone è intitolata significativamente Break the chain (Spezza la catena), dove il concetto di presa in carico del proprio destino è ancora una volta raffigurato dal gesto del ballo, liberatorio e energetico. La danza rompe le regole, dice il testo, ed è vero: rompe anche quelle della comunicazione che vorrebbe le donne vittime piangenti su sè stesse, esseri autocommiseranti e fragili incapaci di invertire la propria storia se non interviene una forza esterna."

Anche Palermo ballerà. L'appuntamento è per le 16,00 a Piazza Verdi, di fronte al Teatro Massimo.

Ecco un elenco delle altre città in cui, uomini e donne, il 14 Febbraio balleranno:

Dove si balla - Sito ufficiale One Bilion Rising Italia

Sul sito troverete anche tutti gli aggiornamenti e il tutorial della coreografia da realizzare.

lunedì 21 gennaio 2013

Le Iene su Sara Tommasi: l'intervista voyeurista

Ieri sera ho visto il famigerato servizio de Le Iene su Sara Tommasi.
Sabrina Nobile intervista la soubrette che aveva già fatto molto parlare di sé per le sue esibizioni di nudo "stradale" di fronte a delle banche e per problemi con le droghe. 

La "intervista" sul set del film porno che Sara sta per girare.
La parola intervista va decisamente tra virgolette: Sara Tommasi ha uno sguardo disorientato, appare molto poco presente a se stessa, totalmente in balìa della situazione. Ha difficoltà evidenti a mettere insieme una frase di senso compiuto, si spoglia di fronte alle telecamere delle Iene (che ipocritamente le oscurano i genitali, ma non il seno), dice di non voler fare il film ma che deve farlo lo stesso perché serve a far soldi.


La scena poi cambia e il servizio continua mostrandoci Sara Tommasi alcuni mesi dopo, durante la presentazione di un libro autobiografico in cui pare racconti di essere uscita da un periodo critico costellato di sventure, droghe e divertimento.
Un periodo difficile, ma redditizio, in quanto le avrebbe fruttato un milione di euro che - come dice al microfono della Iena - avrebbe poi investito in vari modi (bar, fondi ecc.).
A questo le è servita la laurea alla Bocconi - commenta sarcasticamente Sabrina Nobile. Lei, Sara, appare gonfia (francamente, gonfia di quel gonfiore che spesso si deve ai farmaci) e il suo sguardo mi pare appena  più "orientato" di quello mostrato in precedenza sul set del film porno. 


Conclude dicendo che si sente serena e che, in fondo, tutto è bene quel che finisce bene, dal momento che, grazie a ciò che ha fin ora fatto (serate, programmi e film porno sotto effetto di droghe), è attualmente in grado di invitare a cena chi vuole e pagare perfino il conto e che, per di più, può ormai permettersi di innamorarsi anche di un pezzente e di mantenerlo.

Crudele e deprimente.
Dall'inizio alla fine.

Vorrei evitare di ingrossare la fila degli psicologi della Domenica, ma dirò lo stesso che penso sia evidente a chiunque abbia due nozioni di psicologia - o una dotazione basic di senso comune - quanto Sara Tommasi fosse in uno stato di alterazione psicologica tanto nella prima, quanto nella seconda parte del servizio, quando la si vorrebbe descrivere come finalmente "tornata in sé"- sebbene irrimediabilmente stupida - mentre le si ride dietro per la pochezza  ostentata.

Quale vuole essere l'obiettivo: mettere alla berlina l'ennesima sgallettata  self-made-girl?
Non riesco a vederci altro che una strumentalizzazione del disagio psichico, foss'anche legato - sia nella prima che nella seconda parte del servizio - al 'solo' uso di droghe (quand'anche fosse così, si tratterebbe sempre e comunque di uno stato di disagio e di un'alterazione del proprio equilibrio non indifferente).

Sul Blog DIS.AMB.IGUANDO, Giovanna Cosenza ha commentato con queste parole un altro servizio de Le Iene dal contenuto molto simile,"Persone Perfette":
"A cosa serve un servizio come questo? A fare audience, prendendosi gioco, per l’ennesima volta, della miseria psicologica e sociale, prendendosi gioco delle donne. E mostrando – soprattutto – un bel po’ di tette e culi" 
(Cliccate qui per saperne di più, leggendo l'articolo per intero):

Sfruttare l'incapacità temporanea - o cronica - di essere presenti a se stessi, mi sembra una modo ancora più bieco di strumentalizzare la miseria umana, travestiti da nuovi moralizzatori in nome dell'audience.

Voyeurismo cieco che stavolta ostenta non solo il corpo, ma anche la fragilità psichica.

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate.






domenica 20 gennaio 2013

Diritti sacri e profani

Donne e rischio di stupro.  Questa settimana ho letto tante cose a proposito di queste parole pronunciate dal procuratore di Bergamo, Francesco Dettori:
«Le donne sono l'anello debole di una società in cui è parzialmente ancora inculcata l'assurda mentalità della femmina come oggetto del possesso. Lo dico con tutto il rammarico, ma sarebbe bene che di sera non uscissero da sole. (....) Non voglio colpevolizzare la giovane che ha subìto violenza, anzi a lei vanno le nostre scuse per non aver saputo offrire la degna protezione. Ma a volte bisogna ragionare in termini realistici».
A commento, ho ascoltato parole che sottolineavano le buone intenzioni del Procuratore che del resto, effettivamente, esprime sin dall'inizio il suo rammarico.
Ho anche letto repliche intelligenti di donne e uomini impegnati contro la violenza di genere che condivido pienamente e che così  si potrebbero sintetizzare: "Avremmo semmai voluto  dei 'consigli' per gli aggressori una buona volta, non certo un invito  alle donne a restare a casa"

Nulla da aggiungere, se non un'analogia travestita da domanda.
Se l'argomento fosse stato "incidenti sul posto di lavoro e salute/sicurezza degli operai", ad un qualunque Procuratore della Repubblica Italiana sarebbe mai venuto in mente di dire pubblicamente -  seppur con rammarico - che  gli operai  farebbero bene a scegliere di restare a casa o  di mettersi a lavorare in proprio (magari facendo un pò di home working), perché la realtà dei fatti è che purtroppo i datori di lavoro spesso se ne infischiano di garantir loro sicurezza e sopravvivenza, sebbene le cose dovrebbero funzionare in ben altro modo?

Nonostante le buone intenzioni e la pretesa di dirlo per il nostro bene, nelle pratiche discorsive di ogni giorno, il diritto di una donna alla libertà di scegliere come, dove, quando e con chi - o senza di chi - andare, sembra ancora più facilmente sacrificabile del sacrosanto diritto al lavoro in condizioni di sicurezza di un operaio. 

Sulla via lastricata di buone intenzioni capita ancora di imbattersi nell'infernale dicotomia che oppone diritti sacri a diritti profani ed attribuisce questi ultimi alle donne, per poi negarli.

Nel loro interesse, dopotutto.



Ode al perro

Un cane randagio mi ha morsa ad una gamba in quel di via Maqueda. 
L'ipotesi più accreditata è che lo abbia fatto perché qualcuno lo aveva poco prima maltrattato, colpito o qualcosa del genere.
La violenza si trasmette, che vuoi farci.
Mi sono già lagnata abbastanza delle scocciature che ne sono seguite. Qui nel Mafraj voglio invece provare a porgere "l'altra zampa" e lo farò prendendo in prestito una splendida poesia di Neruda e ricordando il mio vecchio e adorato cane che adesso non è più con me.


Ode al Cane

Il cane mi domanda
e non rispondo.
Salta, corre pei campi e mi domanda
senza parlare
e i suoi occhi
sono due richieste umide, due fiamme
liquide che interrogano
e io non rispondo,
non rispondo perché
non so, non posso dir nulla.


In campo aperto andiamo
uomo e cane.


Brillano le foglie come
se qualcuno
le avesse baciate
a una a una,
sorgono dal suolo
tutte le arance
a collocare
piccoli planetari
su alberi rotondi
come la notte, e verdi,
e noi, uomo e cane, andiamo
a fiutare il mondo, a scuotere il trifoglio,
nella campagna cilena,
fra le limpide dita di settembre.


Il cane si ferma,
insegue le api,
salta l'acqua trepida,
ascolta lontanissimi
latrati,
orina sopra un sasso,
e mi porta la punta del suo muso,
a me, come un regalo.
É la sua freschezza affettuosa,
la comunicazione del suo affetto,
e proprio lí mi chiese
con i suoi due occhi,
perché é giorno, perché verrá la notte,
perché la primavera
non portó nella sua canestra
nulla
per i cani randagi,
tranne inutili fiori,
fiori, fiori e fiori.
E cosí m'interroga
il cane
e io non rispondo.


Andiamo
uomo e cane uniti
dal mattino verde,
dall'incitante solitudine vuota
nella quale solo noi esistiamo,
questa unitá fra cane con rugiada
e il poeta del bosco,
perché non esiste l'uccello nascosto,
nè il fiore segreto,
ma solo trilli e profumi
per i due compagni:
un mondo inumidito
dalle distillazioni della notte,
una galleria verde e poi
un gran prato,
una raffica di vento aranciato,
il sussurro delle radici,
la vita che procede,
respirando, crescendo
e l'antica amicizia,
la felicitá
d'essere cane e d'essere uomo
trasformata
in un solo animale
che cammina muovendo
sei zampe
e una coda
con rugiada

Lele


sabato 19 gennaio 2013

Alle madri, perchè l'essere in due comincia da loro

*Il titolo di questo post è la dedica che compare all'inizio de "Il contrario di uno" di Erri  De Luca

                                                                                MAMM'EMILIA

In te sono stato albume, uovo, pesce,
le ere sconfinate della terra ho attraversato nella tua placenta,
fuori di te sono contato a giorni.

In te sono passato da cellula a scheletro
un milione di volte mi sono ingrandito,
fuori di te l'accrescimento è stato immensamente meno.

Sono sgusciato dalla tua pienezza
senza lasciarti vuota perché il vuoto l'ho portato con me.

Sono venuto nudo, mi hai coperto
così ho imparato nudità e pudore
il latte e la sua assenza.

Mi hai messo in bocca tutte le parole
a cucchiaini, tranne una: mamma.
Quella la inventa il figlio sbattendo le due labbra
quella l'insegna il figlio.

Da te ho preso le voci del mio luogo,
le canzoni, le ingiurie, gli scongiuri,
da te ho ascoltato il primo libro
dietro la febbre della scarlattina.

Ti ho dato aiuto a vomitare, a friggere le pizze,
a scrivere una lettera, ad accendere un fuoco,
a finire le parole crociate, ti ho versato il vino
e ho macchiato la tavola,
non ti ho messo un nipote sulle gambe
non ti ho fatto bussare a una prigione,
non ancora,
da te ho imparato il lutto e l'ora di finirlo,
a tuo padre somiglio, a tuo fratello,
non sono stato figlio,.
Da te ho preso gli occhi chiari
non il loro peso
a te ho nascosto tutto.

Ho promesso di bruciare il tuo corpo
di non darlo alla terra. Ti darò al fuoco
fratello del vulcano che ci orientava il sonno.

Ti spargerò nell'aria dopo l'acquazzone
all'ora dell'arcobaleno
che ti faceva spalancare gli occhi.

 (Erri De Luca, Il contrario di uno, Feltrinelli pp.9-10)

lunedì 14 gennaio 2013

Ciambella di mele, mandorle e noci



Tra i piatti e le pozioni di Ballar'home la ciambella di mele, mandorle e noci ha certamente un posto d'onore.
Louise Bonn'heure è certamente ancora una dilettante in cucina, ma la ciambella  in questione viene sempre col buco e buonissima per giunta.
La ricetta è liberamente ispirata al ciambellone di mele della bravissima Chiara Chiaramonte (* alla fine del post trovate il link).
Col tempo sulla ricetta originale ho fatto un pò di variazioni e aggiunzioni.

I pregi di questa ciambella sono moltissimi:
- è leggera e salutare (solo un uovo, niente burro, solo zucchero di canna nell'impasto);
- è profumata;
- è a prova di intolleranze al lattosio;
- mette insieme le buonissime mele golden dell'Alto Adige con la splendida frutta secca siciliana (insieme vanno davvero a nozze!). Il matrimonio è poi celebrato da un pizzico di cannella e dal gusto pregiato del cioccolato fondente di Modica.

È proprio giunto il momento di condividere con gli ospiti del Mafraj la mia ricetta personalizzata.

Ingredienti

  • 300 gr. di farina 00
  • 100 gr. di zucchero bruno di canna
  • 1 uovo
  • 1 bustina di lievito
  • 1 tazzina di olio di semi di girasole
  • 1 tazzina di vermouth
  • 1 vasetto di yogurt (uso spesso quello di soya oppure uno yogurt magro bianco al naturale)
  • 1 pò di latte (io uso quasi sempre il latte d'avena)
  • 1 pizzico di cannella
  • c.a. 20 gr. di mandorle
  • c.a. 20 gr. di noci/ pistacchi/nocciole
  • 20/30 gr. di cioccolato fondente (quando possibile io utilizzo cioccolato modicano)
  • 2 piccole mele golden
  • zucchero a velo

Cominciamo mescolando l'olio allo zucchero, aggiungiamo poi l'uovo e mescoliamo ancora tutto fino ad ottenere una cremina.
Uniamo poi la farina e il vermouth.
Amalgamiamo il tutto sciogliendo i grumi con uno sbattitore elettrico.
Aggiungiamo lo yogurt in un angolo del composto versandoci sopra il lievito.
Mescoliamo ancora aggiungendo intanto le mandorle dopo averle tritate fino ad ottenere una granella (attenzione non dobbiamo tritare troppo: il rischio, soprattutto se utilizziamo il mixer, è di ottenere una farina di mandorle, anziché della granella!). 
Mettiamo dentro anche l'altra frutta secca in granella (di solito io utilizzo un mix di pistacchi, noci e nocciole per un totale di c.a. 20 gr; se invece devo proprio scegliere, prediligo le noci).
Tritiamo il cioccolato fino ad ottenere delle scaglie e versiamolo nell'impasto.
Continuiamo a mescolare, e versiamo dentro un pò di latte o di latte d'avena (2-3 cucchiai da tavola per esempio), giusto quel tanto che basta per ammorbidire un altro pò l'impasto.
Aggiungiamo infine un pizzico di cannella.
Tagliamo le mele a fettine, ungiamo la teglia (in genere io uso la margarina vegetale) e spolveriamola con un pò di farina.
Versiamo l'impasto ed inseriamo dentro le mele verticalmente.
Inforniamo a 180 gradi  per circa 25-30 minuti.

Facciamo la prova dello stecchino e quando è asciutto tiriamo fuori la ciambella.

Spolveriamo la superficie con lo zucchero a velo e un pò di cannella (consiglio di non esagerare con la cannella, perché secondo me tende a coprire troppo gli altri sapori).

Il risultato sarà profumatissimo ed invitante.
Garantito!

In alternativa, prima di infornare, possiamo spolverare la superficie della ciambella con dello zucchero di canna e un pò di granella di noci. In questo modo il gusto sarà un pò più leggero, ma altrettanto intenso.


Buona merenda a tutti!

Ecco il link alla ricetta originale di Chiara Chiaramonte, vi consiglio di dare un'occhiata a tutto il blog!
Ciambellone di mele e mandorle di ChiaraCucina

domenica 13 gennaio 2013

I baci da svegli

Sono stata ad un incontro dal titolo provocatorio: "I bambini si baciano quando sono svegli". 
Questo titolo mi emozionava perché mia madre me lo diceva sempre da piccola e andava fiera di quella sua piccola rivoluzione, lei che ama definirsi una donna tradizionale.
Così, io il vecchio modo di dire di cui quel titolo è il rovesciamento - "i figli si baciano solo quando dormono" - per mia fortuna  l'ho conosciuto per differenza. Per me era familiare il suo contrario.
Mi sono portata a casa parole note, ma rese nuove dal contatto con padri e madri veri alla ricerca dell'equilibrio tra la coccola e il vizio. 
In certi momenti ho anche pensato che se lì con noi ci fosse stata una delle tate di La7 ne avrebbe senz'altro approfittato per dare qualche migliaio di ricette giuste per addestrare i pargoli, e non dubito che si sarebbero vendute anche diverse copie delle loro S.O.S.-guide per genitori in panne. 
Non era però questo lo spirito dell'incontro (per fortuna).
La sensazione era piuttosto che lì circolasse una genitorialità creativa, nonostante qualche pre-occupazione legata alla vasta gamma di inossidabili miti sul buon genitore. 
Nessuno di noi ne è del tutto immune (per altro i neogenitori laureati in psicologia risultano essere una categoria particolarmente a rischio).
Sembra che i neogenitori abbiamo sempre un taccuino in tasca in cui sperano segretamente di poter appuntare qualche indizio per completare - e poi  interpretare - l'identikit del genitore perfetto; pare però che  l'illusione tenda ad una remissione spontanea nel giro di poco tempo e che il taccuino ceda presto il posto ad un pacchetto di salviette igieniche in più, che coi bambini fanno sempre comodo. 
Così, nel migliore dei casi, i genitori vanno fisiologicamente incontro alla loro sana fallibilità, concedendosi sana imperfezione e tonificante autenticità.
E mentre dagli occhi di loro figlio scoprono che il due comincia da quell'incrocio di sguardi, dalla propria pelle imparano che il tempo dei genitori è il presente, un presente memore: un tempo che non rimugina sugli errori presunti o reali, ma che investe sulla capacità creativa di riparare qui ed ora, magari sbirciando ogni tanto nel futuro, perché - come diceva Danilo Dolci - ciascuno cresce solo se sognato .

Un grazie al Gruppo Maternàge della Biblioteca delle Balate e al Cipa per aver immaginato un incontro come questo per Palermo.

giovedì 3 gennaio 2013

La migliore offerta, il giorno dopo


Emoziona, seduce, pungola, chiama in causa lo spettatore; lo riconvoca ad un irresistibile percorso a ritroso sulla pellicola, fuori dalla sala.
Il nuovo film di Tornatore fa tutto questo e molto di più.
La trama di un percorso esistenziale – molto più che una storia d'amore come in tanti l'hanno definita – cucita, dritto e rovescio, con l'ago sottile del thriller.

Ambientazione mitteleuropea per una storia che ha per protagonista un sofisticato e bisbetico antiquario e battitore d’asta, il sessantenne Virgil Oldman.
Uomo ricchissimo, acuto e raffinato, quanto irriducibilmente solo. A scalfire la corazza di solitudine, presidiata da una paura maniacale del contatto con gli altri e con i loro oggetti, sarà l'incontro con Claire, giovane donna, altrettanto corazzata dentro ad una solitudine che fa da specchio a quella dell'esperto a cui affiderà la valutazione e la vendita dei beni di famiglia.

Tantissimi i temi in gioco: lo spazio, il confine tra il proprio e quello degli altri; la fiducia, la paura del cambiamento e la necessità della trasformazione; la paura/fobia, la malattia mentale; l'amicizia, l'illusione ingenua quanto mortifera di certi amori: salvare l'altro suo malgrado; e ancora: l'amore e la sua incompatibilità con qualunque "raggiro terapeutico", ma soprattutto il doppio.

Dritto e rovescio, vero e falso, apparenza e sostanza, oggetti e soggetti, soggettività ed oggettività: opposti confusi, sconfinanti l'uno nell'altro, mai davvero districati.
Il tema del doppio si incrocia con una riflessione sull'amore e sul suo – apparente? - potere di disarmare.
È l'amore che affoga nel nulla la sottile capacità d'intuizione di una mente prudente, in grado di distinguere in un nonnulla l'originale dalla copia del più abile falsario d'arte?
È l'amore ad accecare Mr.Oldman, ennesimo sprovveduto Mr. Scrooge convertito troppo tardi alla forza dei sentimenti?
La questione è certamente molto più complessa se "In ogni falso si nasconde sempre qualcosa di autentico"- come Tornatore fa dire proprio al bravissimo Geoffrey Rusch/Mr. Oldman. 
Se c'è una morale della favola – perché è proprio dentro ad una favola che ad un certo punto si ha la sensazione di trovarsi, con tanto di timida speranza in un happy end a tutto tondo – è proprio questa.


Un film in cui l'immagine è narrazione.
Metafore e allegorie costellano e impreziosiscono la narrazione per la loro efficacia.


Un esempio su tutti: i guanti che Mr. Oldman ha sempre usato come schermo nel contatto con la pelle degli altri, diventano repentinamente "fazzoletti" con cui asciuga d'impeto la sua pelle e la sua corazza sudata di terrore mentre sembra quasi sciogliersi di fronte al dolore di chi ama e alla consapevolezza di esserne parte.

La forza simbolica di alcuni fotogrammi è davvero indimenticabile: porte segrete nelle case di entrambi i protagonisti; stanze matrioska che contengono dentro altre stanze ed altri livelli di verità nonché di permeabilità del sé all'altro; marchingegni e automi che evocano incastri machiavellici e, nello stesso tempo, la difficile costruzione di un'amore: dai singoli pezzi al congegno di coppia; uno scenario costellato di orologi che diventa il set perfetto di un'attesa fedele e interminabile.
Se Vivere con qualcuno è come partecipare ad un'asta, e dunque non sapere mai se la propria offerta sarà la migliore, come sapere quale sarà - e se ci sarà - un'offerta in grado di esorcizzare il rischio della relazione?


Fino ad un certo punto, si ha quasi l'impressione di incontrare personaggi archetipici e, se vogliamo, perfino stereotipati: il vecchio ricco scorbutico chiuso nella sua ricca solitudine sprezzante che all'improvviso si invaghisce – e si rimbambisce anche - della fragile giovane vittima della vita e di se stessa da salvare con dedizione e ostinazione paternalista.
Ma la pellicola mostra presto il suo rovescio: ogni stereotipo smonta se stesso dall'interno, ed il confine tra il buono ed il cattivo, tra ciò che è fragile e ciò che è forte, così come tra il vero e il falso, diventa sempre più fluido: oggetti e personaggi, tutti, in scena con le rispettive ombre, di luce o di tenebra.

Il film funziona molto meno, secondo me, nel rappresentare i personaggi femminili.
[Attenzione spoiler nelle prossime 5 righe]
Rimane un retrogusto amaro in particolare per la co-protagonista: se da un lato il personaggio de-costruisce lo stereotipo della debole vittima redenta dal vero amore, rimane un pò impigliato nella dicotomia "debole fanciulla" versus "complice senza scrupoli del migliore offerente".
Francamente, qualcosa della sempreverde opposizione "Santa o puttana" rimane addosso, mentre scorrono i titoli di coda. 
[Fine allerta spoiler]

Il film di Tornatore mi pare comunque di grande intensità ed efficacia, e se non lo è nel maneggiare gli stereotipi di genere, lo è certamente nel raccontare un'identità, la sua complessità e la storia di una trasformazione liberante e tragica nello stesso tempo.


Se per caso mi state maledicendo perché questo post vi sembra tutto un gigantesco spoiler, perdonatemi, ma sappiate che il film è molto, ma molto di più di quello che ho rivelato qua e là. Vale la pena lo stesso, insomma.
Perdonata o no, buona visione o re-visione a tutti ;-)