Io non sono cattiva; è che mi disegnano così (Jessica Rabbit)
Giovedì
Santo. Pasqua è alle porte ed ecco gli auguri, fin troppo tradizionali, da parte di Papa Joseph Ratzinger.
Nulla
di nuovo sotto il cielo: un gruppo
di sacerdoti austriaci pubblica in questi giorni un appello alla
disobbedienza, portando degli esempi concreti di come
possa esprimersi questa “disobbedienza”, in particolare fanno riferimento alla possibilità di una riconsiderazione della questione “Ordinazione sacerdotale delle
donne” e Papa Ratzinger durante l'omelia di oggi, risponde
richiamando all'ordine e ribadendo che «come lo stesso beato
Papa Giovanni Paolo II ha dichiarato in maniera irrevocabile,
la Chiesa, al riguardo, non ha avuto alcuna autorizzazione da parte
del Signore».
Con un pizzico di politicamente
corretto concede, poi, ai suddetti sacerdoti disobbedienti il
beneficio del dubbio:
«Vogliamo credere agli
autori di tale appello, quando affermano di essere mossi dalla
sollecitudine per la Chiesa; di essere convinti che si debba
affrontare la lentezza delle Istituzioni con mezzi drastici per
aprire vie nuove, per riportare la Chiesa all'altezza dell'oggi».
Ma
per il Pontefice le buone intenzioni non bastano a giustificare
simili auspici.
Pertanto
si chiede candidamente: «La disobbedienza è veramente una via? Si
può percepire in questo qualcosa della conformazione a Cristo, che è
il presupposto di un vero rinnovamento, o non piuttosto
soltanto la spinta disperata a
fare qualcosa, a trasformare la Chiesa secondo i nostri desideri
e le nostre idee?».
E
pensare che il desiderio, evidentemente temuto dalla Chiesa ancora
oggi, è “nostalgia della stelle”, stando a quanto suggerisce
l'etimologia della parola, “de-sidera”.
Nulla
di più propedeutico alla religione se solo, anche qui, si interpella
l'etimologia latina “Religo = unire, mettere insieme” (il cielo
delle stelle e la terra degli uomini, possibilmente).
Mi
pare di rivedere la mia maestra di catechismo - indimenticabile Signorina
Ciccina - mentre si cimentava con le origini latine della parola
religione e me, all'età di 8-9 anni, che intanto immaginavo una
sorta di Dio-Raperonzolo che gettava giù la treccia perchè
“desiderava” essere raggiunto.
Solo
la forza del desiderio avrebbe reso possibile l'impresa per gli
scalatori e le scalatrici.
Le
trecce sono prive di comodi pioli, da che mondo è mondo.
Ma
nulla è impossibile all'Amor che move il sole e le altre stelle.
Il
desiderio rende possibile far strada verso le stelle.
O
attrarle.
Forse
a 8 anni volevo immaginare la religione, l'unica che conoscessi,
quella cristiano-cattolica, come una questione di movimento, non di
ripetizione di esercizi sul posto.
Forse
mi piaceva poter pensare che fu per desiderio che qualcuno, che autorizzava perfino prostitute e poco di buono di ogni sorta a
dargli del Tu, scese dalle stelle.
Vorrei
poterlo fare ancora.
Vorrei
che me la raccontassero così, non più con corde vocali usurate
dalla ripetizione e parole “politicamente corrette”, ma con
muscoli brucianti per lo sforzo del movimento e gambe pronte ad
arrampicarsi anche su poco rassicuranti scale senza pioli, piuttosto
che sugli specchi della dottrina.
Già
in un'intervista a Messori, nel 1984 Ratzinger diceva: «Non siamo
autorizzati a a trasformare il Padre Nostro in una Madre Nostra: il
simbolismo usato da Gesù è irreversibile».
Pare
che si tratti dunque di una questione di rappresentatività, Gesù
era maschio, ergo chi lo rappresenta deve essere maschio.
Anche
l'occhio vuole la sua parte, insomma.
Pura questione di immagine,
pura interpretazione letterale del volere divino.
Peccato
che come scrive Michela Murgia, nel suo bellissimo saggio Ave Mary:
“Il simbolismo usato da Gesù è irreversibile" è una frase che pretende di rendere vero il suo contenuto per il solo fatto di esser stata enunciata. Ma pretende appunto. Per smentirla basterebbe ricordare che Gesù, nell'ambito della stessa area simbolica della paternità divina, ha espressamente chiesto ai discepoli di non chiamare nessuno Padre sulla terra, «perché uno solo è il Padre vostro che sta nei cieli». Eppure nessun Papa si è mai preoccupato di non farsi chiamare Santo Padre. (…) Dio ha fatto l'uomo a sua immagine e somiglianza, ma l'uomo e la donna a immagine di cosa si sono raccontati Dio?
Così,
mentre Ratzinger attende (?) eventuali autorizzazioni da Nostro
Signore barattando, perfino nella scelta delle parole e nelle
auto-descrizioni, il ruolo pastorale con quello da Burocrate del Regno dei cieli, io voglio tenere a mente con Michela Murgia che oggi, più che mai:
ci serve l'ironia di Jessica Rabbit per ricordarci che il destino di tutte le immagini, comprese quelle di Dio, è di finire distorte. L'irreversibile Ratzingeriano sembrerà tale solo finché continueranno a disegnarlo così.
(Michela Murgia, Ave Mary, Einaudi p.139)