giovedì 17 maggio 2012

Lucianina sulla violenza contro le donne. Perchè non mi ha convinta...

La Litti è esilarante, intelligente e una "paroliera" impertinente e simpatica che aspetto sempre con curiosità e voglia di divertimento.
Con gli occhi strizzati dal sonno l'ho aspettata anche l'altra sera, lunedì 14, a "Quello che non ho", la trasmissione di Fazio e Saviano.
Presentava la parola Donna e ad un certo punto ha parlato di violenza contro le donne e di femminicidio.,
Stavolta però non mi ha convinta.
Proverò a dire i perchè.
Intanto, ecco il video.



Luciana ha senz'altro il merito di parlare di femminicidio e di fare riferimento alla visione della donna come proprietà privata maschile, come ad una  radice di questo fenomento.
Nonostante questo il suo intervento non mi ha convinta affatto.

Non mi convince perché utilizza la parola colpa.
Quel "diciamocelo è anche un pç colpa nostra (...) perché noi donne quando amiamo non capiamo più niente" è una provocazione, d'accordo, ma utilizza una parola - "colpa" - intrisa storicamente di una montagna di stereotipi su come funziona la violenza; fa eco ad una sorta di "a volte ce la cerchiamo", uno dei più infelici mantra della storia delle donne.
Il modo in cui prosegue la frase, poi, sembra rimandare ad una specie di "ingenuità comune alle donne" che quando amano, appunto, non "distinguono più, amano tutto".


Io credo che frasi come queste dicano molto più di cosa prova chi sta accanto - da familiare, amico/a, conoscente ecc. - ad una vittima di violenza che di ciò che vive una donna in quella situazione.

Si prova rabbia, spesso la rabbia che lei  non riesce più a sentire, perché anestetizzata proprio dalla violenza e, qualche volta, anche da una storia più antica, di autostima negata, che ha reso vulnerabili.
Si vorrebbe scuoterla forte, si vorrebbe prenderla, "impacchettare" - come dice poco più avanti Luciana Littizzetto - la si vorrebbe prendere e portare via anche contro la sua stessa volontà, ma viva, almeno.
E' vero, ed è terribile, è durissima, ma sono  fin troppi i familiari, le sorelle, i fratelli e perfino gli operatori sociali che con frasi come "la prendo e la porto via per il suo bene" credono di poter giustificare un comportamento che in realtà, nonostante la bontà presunta o realissima delle intenzioni,  ripropone veleni simili a quelli usati dal maltrattante: la coercizione e la sfiducia nella capacità della donna di ritrovare la forza di scegliere per sè.

E' un parodosso, si capisce, Luciana non vuole certo mettere in mano scotch e cartone ai genitori italiani!
Bon! come direbbe lei, ma non mi convince lo stesso perché  rischia comunque di banalizzare sia il problema che la soluzione in uno spazio di parola limitato, ma in cui forse si poteva invece usare l'ironia per andare oltre agli stereotipi e alle semplificazioni di sempre.

Da una intelligente e infaticabile "paroliera" come la Littizzetto voglio potermi aspettare "le parole per dirlo" in modo dissacrante, ironico, ma soprattutto nuovo e capace di andare al nocciolo.

Ho sempre più la sensazione che il problema non stia affatto nel "parlare poco di violenza" in tv.
Io credo che in Italia se ne parli eccome, anche troppo e a sproposito a volte; quasi sempre in modo riduttivo e banale; spesso in modo strumentale e con contorno di plastici e dettagli splatter ogni volta che  il Vespa o la D'urso di turno hanno l'ennessima morta da dare in pasto alle telecamere.
Per non parlare poi degli appelli insistenti - e tutt'altro che empatici - alle donne affinché non abbiano paura e facciano la denuncia "perchè dipende solo da loro, salvarsi o meno"e  "perchè lo strumento c'è, ma non viene usato"... senza che a nessuno venga in mente di dire, neanche per inciso, che cos'è un centro antiviolenza; come se la denuncia fosse l'unico strumento e come se da solo potesse davvero chiudere la questione, far svanire la paura, scioglierne la paralisi, fare spazio ad altro.
Il problema non mi pare più il quanto se ne parla , ma il come.

E poi in Italia si parla di violenza ancora quasi sempre come una "cosa di donne"... brutta per carità, ma un pò come il cancro al seno o la storia degli assorbenti cancerogeni perchè trattati con gli assorbenti chimici: tutta la solidarietà del mondo alle donne, ma saranno pur loro ad avere il seno e a dover guardare con attenzione le etichette dei vari Lines SetaQualcosa al supermercato! 
Per il resto, causa del suo mal pianga se stessA!

Elencare i dati sulla violenza maschile contro le donne e passare repentinamente a considerazioni come "diciamocelo che è un pò anche colpa nostra, di noi donne.." è un movimento che secondo me rischia di ribadire questo clichè: dopotutto "è una cosa nostra".
Invece no. 
Invece la violenza sulle donne è un problema che riguarda la relazione tra i generi.
Troppo spesso se ne parla mettendo in primo piano le vittime e l'universo femminile e lasciando sullo sfondo i maltrattanti e, più in generale, un universo maschile che invece, potrebbe e dovrebbe tirarsi in ballo per essere  "Mai più complice" e dire un No secco alla violenza sull'altra metà del cielo.

Io credo che si potesse usare l'ironia per dire almeno una parte di tutto questo e che Luciana avrebbe avuto tutto le carte per farlo.

A proposito della trasmissione di Fazio e Saviano, Iaia Caputo scrive:
"Mi pare abbiano disvelato un altro meccanismo: se una rara presenza femminile compare (in questo genere di trasmissioni), allora si tratta di una "testimonianza", testimonianza di vita vissuta, meglio se di denuncia di un'ingiustizia o di un dolore patito. Le donne sentono ma soltanto gli uomini parlano: il logos è ancora loro esclusivo appannaggio. Noi tuttalpiù siamo nella vita, ma le parole per spiegarla, la vita, e raccontarla, e pensarla, quelle le hanno loro."
Magari penserete che dopotutto quello della Littizzetto era solo uno sketch comico e non è il caso di farla tanto lunga, nè di pretendere chissà che; è già tanto che abbia sollevato la questione; non era il momento, nè la sede per fare psicologia o sociologia...
Però io credo sia stata una piccola occasione mancata, un'occasione per prendersi la parola, una parola dissacrante, pungente, ironica per dire come stanno le cose, guardandole da dentro, davvero, senza superficialità, rinunciando alle esortazioni "facili", per esempio. 
Perchè anche l'ironia, soprattutto quella che disvela l'ignoranza e l'inconsistenza di alcuni luoghi comuni, è Logos e può essere la pars costruens di un discorso sul sè e sull'altro/a che le donne potrebbero e dovrebbero riprendersi. 
Ed è sempre il momento opportuno per farlo.
Perchè... se non ora, quando?



14 commenti:

  1. L'argomento è spinoso, delicato, spiazzante, paradossale e vero come un pugno sullo stomaco.La violenza sulle donne è davvero un tabù le cui radici, sottili, impalpabili quasi affondano nel quotidiano di ciascuno di noi ed è difficilissimo combattere persino i frame dell'esistenza mentre è più semplice affrontare l'intera pellicola, l'intero film. Mi viene sempre in mente con rabbia un episodio personale di un anno fa: facevo tirocinio al pronto soccorso ed ero di turno di notte. momento di pausa al triage con infemieri e alcuni memebri delle forze dell'ordine di stanza là. Discorsi comuni, banali e salta fuori il problema parcheggio. Da poco l'amministrazione ospedaliera aveva dato l'appalto ad una ditta che impediva di parcheggiare, previo esoso pagamento, all'interno dell'ospedale: capirete che uno studente non essendo in organico paga in cash. Ho sollevato il problema della distanza del parcheggio dal pronto soccorso e dei viali bui e senza controlli chi collegano questo a molti dipartimenti...."ho paura di essere aggredita" dico al carabiniere aspettandomi ingenuamente comprensione. invece ecco la risposta: "Ah, per uscire con le amiche la sera ci vai da sola in giro e per lavorare hai problemi?" Ero allibita. Insostanza se mi fosse accaduto qualcosa era pur sempre giustificabile specie se fuori dagli orari di lavoro. Gli ho detto che al di fuori del lavoro io giro sempre in compagnia e non sono così stupida da attraversare viali bui e solitari da sola. Era (lui!) infastidito. Avrei voluto prenderlo a schiaffi: lui, uomo e carabiniere! Vergogna! Questo è il frame quotidiano e spesso occulto della nostra società. E di episodi così ne potrei raccontare altri a cui ho assistito durante il tirocinio in P.S...commenti di uomini, brave persone, infermieri, medici, poliziotti che avevano SEMPRE una paroletta inconscia atta a "giustificare" l'episodio di violenza...probabilmente se avrete sentito un ruggito ero io inferocita. C'è la violenza più o meno grave che colpisce donne ma anche guovani uomini (come gli omosessuali o gli stranieri coloured)facile da vedere....ma il background culturale? Che facciamo finta che non esista? E no, io non ci sto...ho smesso da tempo di raccontarmi favole sulla natura di certi meccanismi sociali. La violenza sulle donne è sempre esistita ma solo ora abbiamo i mezzi per dire basta. Paradossalmente ritengo che il recupero di antiche tradizioni che vedono una coesione quasi mistica tra le donne vada recuperata se non altro per ristabilire il senso di identità e appratenenza che la cultura dominante patriarcale ha distrutto

    Barbara

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    1. Grazie Barbara...
      io sono d'accordo con te: la sorellanza, un "Basta" che sia corale e la pazienza (selvaggia però) di gocce che scavano la roccia/frame.. possono essere la strada.

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  2. io sono uno di quelli che pensa che Lucianina non poteva fare di meglio, anzi mi è sembrata visibilmente a disagio nel dover fare un monologo "serio" (non tutti i comici sanno farlo) su un tema tanto drammatico, e forse è per via di questo disagio che ha detto delle banalità, banalità, superficialità ma non falsità perchè vero he sono le donne a scegliere i loro compagni e viceversa, questo senza parlare di "colpe" perchè innamorarsi non è mai una colpa anche se t'innamori di chi ti fa del male.
    Quanto alla denuncia, non è l'unico strumento (hai fatto bene a ricordare i centri anti-violenza) ma va fatta anche per evitare che lui lo faccia ad altre donne

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    1. Ciao Paolo!
      Benvenuto nel Mafraj! E grazie del tuo commento.
      Sono d’accordo con te sulla questione della denuncia.
      Lavoro in un centro antiviolenza e credo profondamente non solo nel valore sociale della denuncia, ma anche nella sua funzione di tutela. Le leggi che puniscono la violenza sono un’acquisizione sostanzialmente recente e offrono strumenti, pochi e decisamente ancora da migliorare, ma essenziali. Quello che critico è la semplificazione: il lasciar intendere che “basta denunciare” o che la denuncia è “l’unica” cosa da fare, o che tutto sommato denunciare o meno è “solo” una questione di coraggio (dicendo forse implicitamente che ci sono donne “Brave” perchè hanno avuto coraggio nel denunciare e altre Non brave.. e lì causa del suo mal pianga se stessa..).
      Penso che tutto questo lasci da parte non solo i rischi reali che corrono le donne (quindi le paure a volte più che motivate di ritorsione), ma anche tutti i vincoli psicologici che la violenza produce nella vittima (che non sono affatto superabili con generiche incitazioni ad avere coraggio).
      Credo nel valore della denuncia e la “promuovo” fortemente, ma sono altrettanto convinta che la priorità sia l’uscita dalla violenza (e quindi il supporto necessario per “pensarla” e poi per realizzarla), non la pur importantissima denuncia della violenza.
      Ed in ogni caso la denuncia deve sempre essere una scelta della donna (scelta che a volte occorre tempo per maturare), una delle scelte possibili... (tra l’altro non sempre praticabile, in base alle circostanze, e soprattutto non sempre risolutiva).
      Credo sia strumentale, rischioso e anche mistificante parlare della denuncia sui media come l’unica condizione per poter uscire da una situazione di violenza.
      Pensiamo per esempio alle circostanze in cui una donna non ha un luogo altro e protetto in cui andare. Se una donna in una situazione simile rifiuta di fare una denuncia fintantochè non ne troverà uno, in realtà si sta solo proteggendo. Se denunciasse in quel momento si esporrebbe al rischio di rientrare a casa ed essere ammazzata, perchè la notizia della denuncia potrebbe esacerbare la violenza.

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  3. Scusa Paolo, ma nessuno ha costretto L.L. a parlare di violenza sulle donne. Se non aveva niente da dire poteva limitarsi al solito siparietto con Fazio... E non ci credo che non poteva fare di meglio; ha detto una sfilza di banalità ('Ti mena? Lascialo!), inesattezze (il numero delle vittime), contraddizioni (vedi mia lista di seguito, punto 1 e 3). E credo anche che sia stata frutto di una scelta da parte di autori, redazione e dello stesso Fazio. Parlarne, evitando di parlarne...

    Riporto alcune mie osservazioni che avevo postato sulla mia Facebook:


    1: Per fortuna pochi uomini! Bene, Littizzetto lo vada a dire all’ONU, che è “preoccupata per l’aumento della violenza maschile sulle donne”.

    2: No, Luciana, non sono 55 donne. Informati prima di sparare numeri a caso, sono 55 vittime (tra cui bambini e uomini) di femminicidio. E dillo che la statistica proviene da un blog (bollettinodiguerra) che fa la conta in base alla rassegna stampa poiché in Italia siamo sprovvisti di un osservatorio sulla violenza di genere.

    3: “Ogni 2-3 giorni c’è un marito che uccide una moglie, un’amica, un’amante, una ex, una fidanzata”. Ogni due-tre giorni (corretto, ma inclusivo di vittime maschili) ?Ma non avevi detto che erano pochi?!
    (punto 1)

    4: L’intervento dura 2.20 minuti, dal minuto 0.49 inizia a dire che la colpa è anche delle donne; gli uomini escono di scena.

    5: “Noi donne quando ci innamoriamo non distinguiamo più” Diventiamo ebeti insomma, nulla a che vedere con il normale “offuscamento” della ragione che nella prima fase dell’innamoramento subiamo tutte e tutti.

    6: Il resto dell’intervento è tutto rivolto alle donne, nessun
    dialogo con gli uomini, nessun invito agli uomini ad una presa di coscienza, ad una riflessione su di sé e sul loro rapporto con le donne, sul mondo in cui ne parlano o ne “scherzano”.

    7: “Se abbiamo una figlia che frequenta un manesco dobbiamo prenderla, “impacchettarla” e riportarla a casa”. Di nuovo la responsabilizzazione delle donne, immagino come si siano sentite le madri delle vittime.



    P.s. sono nuova qui...è il secondo post che leggo, complimenti alla blogger

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    1. "dal minuto 0.49 inizia a dire che la colpa è anche delle donne; gli uomini escono di scena."

      in effetti è più che plausibile che una donna maltrattata disprezzi se stessa per aver scelto un tale stronzo, non c'era bisogno di calcare la mano su questo. A me interesserebbe indagare le ragioni profonde (che immagino siano diverse per ogni situazione) per cui non si riesce a interrompere un legame oppressivo con un carnefice ma la Littizzetto non aveva le competenze per farlo, ovviamente. Si potrebbe chiedere a Fazio perchè, se voleva affrontare la questione, non ha chiamato qualcuno di più qualificato/a

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    2. Ciao Elisabetta! Benvenuta nel Mafraj e grazie per il tuo intervento.
      Sottolinei un punto importante che io avevo omesso: la questione dei numeri... quel “pochi per fortuna” è parso anche a me “infelicemente” rassicurante perchè purtroppo infondato e smentito dai numeri reali come giustamente scrivi tu.

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    3. @Paolo
      Questa domanda a Fazio, in effetti la farei anch’io ;-)

      Penso però che la violenza di genere ci riguardi tutti e non sia una questione di soli addetti ai lavori (psicologi, magistrati, avvocati, operatori/operatrici sociali ecc.).
      E’ vero: Lucianina non aveva approfondite competenze “giuridico-psico-socio-logiche”.
      Ma ha competenza sull’ironia e sulla comicità e avrebbe potuto utilizzare questo sapere per costruire un discorso diverso. Soprattutto avrebbe potuto scegliere di non basare quell’intervento su degli stereotipi triti e ritriti.
      Sarebbe bastato poco: non volumi di psicologia o sociologia, ma informazioni semplici, però di “prima mano” ...forse anche solo il sito di una qualsiasi centro antiviolenza italiano.

      Mi viene in mente che la sera dopo parlando di disabilità e pregiudizi ha utilizzato un’immagine davvero molto incisiva. Rivolgendosi idealmente a dei genitori inglesi che hanno espresso lamentele per la conduzione di un programma per bambini da parte di una donna disabile, ha detto più o meno questo: “Come si fa a considerare normale in tv una deforme volontaria con due tette grandi come la cupola di S.Pietro che deve andare in giro sbilanciata coi pesi nelle tasche, dietro dei jeans se no casca in avanti e, invece, "a-normale" -(e quindi potenzialmente in grado di disorientare i bambini)- una brava conduttrice inglese di programmi per l'infanzia con un braccio solo?”

      La Litti è maestra nei provocatori e nell’accostare immagini provocatorie che spiazzano e che “rompono”, svelando l’idiozia di certi ragionamenti, di certe contraddizioni e di certi pregiudizi su questo o quel fenomeno.

      Io dalla Litti, almeno da lei, in un programma come quello di Fazio, voglio potermi aspettare che Rompa... anche sulla violenza.

      P.S. A prosito dell’importanza «di indagare le ragioni profonde per cui non si riesce a interrompere un legame oppressivo con un carnefice» di cui parlavi: è un argomento che mi tocca molto.. (in un post precedente parlavo anche di questo di questo in un certo senso).
      Qui mi pare importante dire/condividere almeno una cosa: «ciò che più lega sono gli effetti diretti del maltrattamento stesso». Lo scriveva S. Filippini in un suo libro sulla violenza psicologica nella coppia.
      E' l’abuso stesso, con le reazioni tipiche che produce, a poter spiegare in misura preponderante i fenomeni di dipendenza dal propria carnefice, sebbene questi possano, ovviamente, essere aggravati dalla presenza concomitante di vulnerabilità psicologiche pregresse e, molto di più, da uno scenario culturale e sociale in cui è difficile trovare appigli sia simbolici che concreti per dire davvero: Basta.

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    4. penso che le vulnerabilità psicologiche pregresse siano particolarmente importanti.

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    5. e grazie per il tuo benvenuto!

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    6. "penso che le vulnerabilità psicologiche pregresse siano particolarmente importanti."

      poi chiaramente ogni storia ha le sue peculiarità..

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    7. Purchè "vulnerabilità psicologiche pregresse" non voglia dire: "eccezioni" individuali, "fatti loro"e... " destino che capita solo e soltanto a chi di suo è già fragile e che quindi non riguarda la maggior parte di noi".
      Penso che tutto questo sgraverebbe un pò troppo dalle responsabilità e dal rischio la "dimensione sociale", gli "altri"... noi, insomma.
      La questione ci riguarda e ci riguarda tutte e tutti: Uomini e donne.
      Gli appigli di cui parlavo prima, adesso li dobbiamo inventare o riesumare, insieme. Credo che non ci siano altre alternative.

      P.S. Chissà, magari anche partecipare ad una semplice discussione su un blog, da uomo, su un argomento come questo, è già un modo per tessere "appigli" tirandosi in ballo..

      Io penso che sia proprio così.
      Perciò, Ri-benvenuto Paolo!

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  4. Ottimo pezzo..inoltre la banallizzazione della Litti (come la chiami tu) semplifica un problema che speso (troppo spessp) vede colludere con il marito violento, chi opera nelle istituzioni: ad esempio donne dei servizi sociali che troppo spesso giustificano le violenze dei partner indebolendo la presa di posizione della donna come se le scavassero da sotto la sabbia...oppure poliziotti e carabinieri..tutto questo perchè là dove non c'è rete e formazione, dove non ci sono protocolli e team, prevalgono stereotipi e pregiudizi...glielo vorrei dire a chi dice "donne denunciate"..quello è solo il principio di un percorso un percorso tutto in salita..uno stage in un centro antiviolenza farebbe bene a chi pensa che "basti denunciare" e oplà è tutto risolto.
    Infine hai perfettamente ragine quel "è anche un pò colpa nostra" come assolve..e che messaggio scorretto è..penseranno e avranno pensato "ecco donne pintatela di farvi picchiare e sarà tutto risolto"!
    Nadia Somma

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    1. Ciao Nadia! Benvenuta! E’ un piacere averti nel Mafraj.
      Grazie per il tuo intervento di cui, naturalmente, condivido ogni parola.
      In particolare, mi pare importantissimo il tema del “rischio di collusione” che tu sottolinei.
      La collusione si costruisce in effeti tra scherzi, facezie, discorsi semi-seri e frasi buttate lì distrattamente giorno dopo giorno che cementificano però nell’immaginario collettivo e diventano poi il quadro di riferimento entro cui ci muoviamo.
      Per questo trovavo importante riflettere anche su quello che apparentemente è “nient’altro che” uno sketch comico.

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