
Eheheheh.
Nessuna
mano in alto, molti arresi.
Lo
so, lo so.
Poco
male.
L'esempio è perfetto: l'oggetto transizionale in fondo è un
antidoto che scegliamo, o ci fabbrichiamo, contro la solitudine e il
non-controllo dell’Altro quando lo scopriamo libero e capace di
renderci, per un istante o per sempre, mancanti...
e svuotati della nostra onnipotenza illusoria.
Un
tessuto morbido che ci aiuta a sostenere la nostalgia della pelle che
amiamo.
Una
coperta per affrontare il freddo dell'assenza e scivolare in un sonno
fiducioso.
Che
la questione non riguardi solo i bambini, poi, è ormai cosa nota,
anche se spesso meno evidente.
Tutto
sommato non fa una piega la coperta, insomma.
Oppure
si?
A
Ballar'home si, e più d'una. Tante quante quelle di un ventaglio
almeno.
Quale
bambino o adulto sceglierebbe come oggetto transizionale una coperta
a Palermo, a Luglio?
L'esempio
scricchiola.
Vi
dico la mia: riesco ad addormentarmi solamente con ventaglio in mano,
sventolando piano e ritmicamente. Ad un certo punto il ventaglio
casca sul letto, ma accade solo qualche secondo prima che io sia
definitivamente crollata fra le braccia di Morfeo, quando il fedele
ventaglio ha ormai portato a termine la sua consegna.
A
quel punto - e solo a quel punto - possono andare in onda i
sogni d'oro.
Senza
ventaglio notturno io vado un pò in panico.
Solo
"un pò" ... perché in effetti, avere superato l'asilo da
qualche tempo, dà qualche leggero vantaggio nell'area dei fenomeni
transizionali.
Certo, più che il sostituto simbolico di un oggetto d’amore, il mio
ventaglio sembrerebbe un rimedio contro la mancanza d’aria,
nell’afa di certe notti palermitane.
Ma questo è un dettaglio
riservato ad osservatori poco fantasiosi.
Mi
viene in mente che il buon Winnicott ebbe a dire che l’uso dell’oggetto transizionale è per un
bambino la prima esperienza di creazione simbolica.
Però!
Bè se la mettiamo così, non
deve esser niente male il ventaglio come simbolo!
Consulto l’oracolo Google.
Mi
rivela che secondo più d’una tradizione culturale, la sua forma
simboleggia il dipanarsi dell’esistenza che si sviluppa a partire
da un momento centrale - il perno - e gradatamente si espande, articolandosi in pieghe e superfici lisce, per completare il suo
ciclo e raggiungere la pienezza dell’orizzonte.
La
separatezza dell’Altro e l’irruducibilità del suo desiderio che
può portarlo in ogni istante su sentieri lontani dai nostri sono
bocconi agrodolci, mai del tutto facili da mandar giù.
E
se fosse l’apertura creativa di una vita-ventaglio il
simbolo-antidoto capace di sciogliere questo eterno magone?
Qualcuno
dirà che se solo avessi investito un pò di quattrini e montato un
condizionatore a Ballar’home, in questo momento sarei già nel regno
dei sogni (fresca, bella e addormentanta) e, soprattutto, non
staremmo qui a solleticare i piedi a Winnicott.
Concordo
pieamente.
Ma che volete farci? Il pensiero nasce - per l’appunto - dall’assenza, diceva (più o meno) Bion.
Quindi,
mi chiedo:
e se fosse la possibilità di inventare e volere la propria strada
scoprendo il suo dipanarsi tra dossi e pianure, il sentiero capace di
insegnarci la strada dell’altro e la sua libertà?
E
se la "coperta" si trasformasse ad un certo punto in un ventaglio, quale orizzonte, s-copriremmo?
L’ora
è tarda, l’afa è la solita.
L‘amato
Morfeo mi reclama.
C’è
giusto un pò di venticello serale a dar fiato alla vela, ma le
nostre strade si incontreranno.
Splendido post. Winnicott, Bion e ... Linus: che bella compagnia a Ballar'home! Che tenera l'immagine del ventaglio che scivola a terra perchè tu scivoli tra le braccia di Morfeo ...
RispondiEliminaGrazie Maria! Buona notte e sogni d'oro anche a te! ^_^
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